Imago Ricerche di psicoanalisi applicata

Psicoanalisi



Francesco Marchioro


marzo 2015

dalla
Prefazione
Francesco Marchioro

«In una mente creatrice
l'intelletto ritira le sue guardie
dalle porte e le idee
irrompono pêle-mêle»
Schiller


Ecco, in esergo, una delle molteplici aggiunte1 che Otto Rank suggerisce all'opera fondamentale di Sigmund Freud, sin dalla seconda edizione (1909) della stessa. E che fossero molte lo testimoniano le righe di Freud2 indirizzate all'amico zurighese Carl Gustav Jung: «Questo libro [L'interpretazione dei sogni] non dovrà essere ripubblicato, bensì sostituito con uno nuovo, per il quale raccoglierò materiale con l'aiuto di Rank nei prossimi tre-quattro anni: io esporrò il sogno presupponendo, o eventualmente comunicando, i risultati della teoria delle nevrosi, mentre Rank si dedicherà alle relazioni letterarie e mitologiche».
Il progetto di una nuova opera sui sogni (che anche Ernst Jones3 ricorda), più ampia e completa della precedente, pur non trovando una sua specifica realizzazione, sfocerà per Rank nella stesura degli scritti Un sogno che interpreta se stesso (1910), Sogno e poesia (1914), Sogno e mito (1914), e per Freud in un vasto rimaneggiamento della sua opera inaugurale sul lavoro onirico e l'aggiunta di due saggi rankiani in appendice al VI capitolo, dalla quarta alla settima edizione (cioè dal 1914 al 1922, e praticamente fino al 1930, data dell'uscita dell'ottava edizione). Confessa Freud che il giovane Rank, dopo aver curato nel 1911 la terza edizione4, con «la scelta delle aggiunte e la revisione delle bozze di stampa», nel 1914, in occasione della quarta edizione dell'Interpretazione dei sogni, «ha arricchito il testo di due contributi autonomi» cioè: Sogno e poesia, Sogno e mito. Ed elogiando Un sogno che interpreta se stesso, aggiunge (vedi alla nota 17): «Il più bell'esempio di interpretazione di un sogno è forse quello riferito da Otto Rank. (...)Impiegherei qualcosa come un intero anno accademico per guidarvi attraverso un simile lavoro».
Nel rileggere l'opera freudiana, pertanto, non può passare sotto silenzio una collaborazione particolarissima nella storia della psicoanalisi, cioè il generoso e sapiente lavoro prestato da Rank nelle stesure de L'interpretazione dei sogni successive all'edizione del 1900. Una simile collaborazione resterà unica nella storia della psicoanalisi, a testimonianza dell'alta stima e affetto che unisce profondamente i due protagonisti e pionieri del pensiero psicoanalitico. Questa 'ospitalità' che il Maestro concede all'allievo-amico rispecchia e in certo qual modo ricambia quella offerta da Rank al saggio freudiano5 Il romanzo familiare dei nevrotici (1908), nel suo6 Il mito della nascita dell'eroe (1909). In una lettera di Freud del 9 novembre 1913, indirizzata a Sandor Ferenczi, si legge7 a questo riguardo: «Attualmente per me come per Rank è tutto bloccato a causa degli esecrabili preparativi della IV edizione dell'Interpretazione dei sogni. La lettura di tutto quel guazzabuglio è una dura punizione» e qualche giorno dopo: «Ogni ora libera appartiene all'Interpretazione dei sogni, il che è molto penoso e fastidioso. Se non ci fosse Rank, non inserirei niente di nuovo».
I lavori rankiani (citati e ripresi a piene mani da Freud8 nel suo capolavoro) tra il 1911 e il 1914 che intraprendono il cammino della ricerca lungo la via regia dell'inconscio sono numerosi: Esempio di un sogno edipico mascherato; Dimostrazioni di fantasie di salvataggio; Sogni da stimolo dentario; Impulsi sessuali attuali quale causa del sogno; Stratificazione dei simboli nel sogno di risveglio; Una forma sconosciuta di sogno edipico; La fantasia di nascita e di liberazione nei sogni e in poesia; Atto mancato e sogno. Ciò a conferma sia della fondatezza del progetto, ricordato all'inizio, di un'opera nuova, a due mani (Freud-Rank), sull'arte dell'interpretazione onirica, sia dell'importanza che subito Rank riconosce9 a «quel nuovo contributo alla psicologia che sorprese il mondo appena venne pubblicato».
Nella tradizione popolare come nella primitiva maniera di interpretare i sogni, il simbolismo10 occupa la parte preminente e più affascinante: dalle antiche Chiavi dei sogni all'epoca di Artemidoro fino alle recenti e moderne indagini sui sogni. Sappiamo che il simbolo è qualcosa che sta al posto di qualcos'altro, non è un codice applicabile indistintamente ad ogni evenienza pur di dare un senso alle bizzarrie oniriche. Esso sorge sia dalla capacità immaginativa individuale sia dalle rappresentazioni collettive offerte dall'evoluzione culturale in cui si trova il sognatore. Assume, pertanto, valenze differenti da soggetto a soggetto e da civiltà a civiltà; non si può applicare 'meccanicamente' il simbolo al sogno senza incorrere nel pericolo di snaturare e il simbolo e il sogno. Entrambi presentano due facce: quella manifesta (le immagini oniriche) e quella velata, rimossa, ovvero il desiderio, inconscio sì, ma non inconoscibile.

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I segni dell'esperienza simbolica primordiale continuano ad abitare incompresi sia la costituzione complessa del sapere metafisico-scientifico-tecnico sia le fantasie artistiche e l'attività onirica, regina della notte. Lungo i sentieri della mitologia, delle leggende, della poesia, attraverso l'ascolto della follia, del sogno, del sintomo, la psicoanalisi rintraccia la storia dell'animo, le tappe dell'umana vicenda. In Ricordi sogni riflessioni Jung annota (p. 204) che all'origine del suo Trasformazioni e simboli della libido (1911) fu l'incontro con il carattere mitologico delle fantasie di Miss Miller e lo studio 'febbrile' dei miti: «Era come se mi trovassi in un fantastico manicomio a trattare e analizzare tutti i centauri, le ninfe, gli dèi e le dee del libro di Frederich Creuzer, come se fossero miei pazienti».
Nelle pieghe e arditezze interpretative degli scritti qui presentati sul sogno, Rank coglie l'esperienza del limite, l'applicazione del sapere a confini sempre nuovi ed affini, l'apertura ad orizzonti incerti ma non indefiniti. Nell'interrogarsi sui 'confini' della propria ricerca interpretante, s'imbatte16 «nell'ombelico del sogno» dove non si sa bene se il fermarsi sia più saggio o più timorato. E Freud ammonisce17: «La cosa più difficile è convincere l'interprete principiante a riconoscere che il suo compito non è pienamente concluso, quando egli ha in mano un'interpretazione completa del sogno, [..poiché] oltre a questa, può esisterne anche un'altra, una sovrainterpretazione dello stesso sogno, che gli sfugge».
Il lavoro di Rank Un sogno che interpreta se stesso ne è una magistrale conferma, con la sua puntigliosa analisi dei dettagli, come pure delle manovre difensive, delle espressioni del corpo, dei lapsus ed infine con l'ottimismo, leggibile sin dal titolo, della nuova 'arte dell'interpretazione', la psicoanalisi, che sa aprire ai percorsi narrativi della ricerca interpretante, al labirinto delle figure del desiderio e al teatro millenario della storia delle passioni.

Bolzano 2015



1 Leggiamo, in proposito, nei verbali dei Dibattiti della Società psicoanalitica di Vienna (redatti dallo stesso Rank), in data 4 marzo 1908: «Rank legge un passo di una lettera di Schiller a Körner del 1° dicembre 1788, passo che caratterizza in modo preciso la natura e il significato della libera associazione nel senso freudiano» (in Dibatti della Società psicoanalitica di Vienna: 1906-1908, Boringhieri, Torino 1973, p. 334). Eccolo, per esteso, ne L'interpretazione dei sogni (p. 105): «Mi pare che la causa della tua lagnanza stia nella costrizione imposta dall'intelletto alla tua immaginazione. Cercherò di rendere con un paragone un pensiero appena accennato. Sembra che non sia bene, risulti anzi svantaggioso per l'opera creatrice dello spirito, che l'intelletto esamini con troppo rigore, per così dire già alle porte, le idee che affluiscono. Considerata da sola, un'idea può essere del tutto insignificante e molto avventata, ma diventerà forse importante grazie a un'idea successiva; forse, unita in un certo modo ad altre, che possono sembrare altrettanto insignificanti, potrà costituire una concatenazione funzionale. Tutto ciò non può essere giudicato dall'intelletto, se esso non trattiene l'idea fino a vederla unita alle altre. In una mente creatrice l'intelletto ritira le sue guardie dalle porte, le idee irrompono pêlê-mêlê e solo allora esso le vede nel loro insieme. Voi, signori critici, o qual altro sia il nome che vi date, vi vergognate o temete la frenesia momentanea passeggera, che si trova in tutti i veri creatori e la cui maggiore o minore durata distingue l'artista che pensa dal sognatore. Da ciò le vostre lagnanze di sterilità, perché rifiutate troppo presto e sceverate troppo rigorosamente». Il corsivo è mio.
2 Freud S., Lettere tra Freud e Jung, Boringhieri ed., Torino 1974: lettera di Freud del 17 febbraio 1911.
3 Jones E. (1953), Vita e opere di Freud, Il Saggiatore, Milano 1962, voll. II, p. 406.
4 Freud S. (1899), L'interpretazione dei sogni, in Opere, III, Boringhieri ed., Torino, 1966, pp. 6-7. Sia Sogno e mito che Sogno e poesia comparvero in italiano grazie ad una 'libera' traduzione (contenuta ne L'interpretazione dei sogni) ad opera di Roberto Bazlen; Astrolabio, Roma 1952.
5 ID., (1908), Il romanzo familiare dei nevrotici, in Opere, V, Boringhieri ed., Torino, 1972.
6 Rank O. (1909), Il mito della nascita dell'eroe, SugarCo ed., Milano, 1987.
7 Freud S., Lettere tra Freud e Ferenczi, Raffaello Cortina ed., Milano 1993: lettere di Freud del 9 novembre 1913 e del 13 novembre 1913, vol. I, pp. 543, 45. Corsivo mio.
8 L'aggiunta dei due lavori di Rank alla IV edizione dell'Interpretazione dei sogni, l'inserimento di riferimenti, citazioni, esempi di sogni e simboli, informazioni storiche fornite da altri autori (Rank, Stekel, Sachs, Jones, Ferenczi, Marcinowski, ecc.) testimoniano non solo la fecondità della dottrina freudiana sul sogno ma anche la convergenza su di essa da parte di studiosi più diversi, e l'ampia 'applicazione' che tale teoria assume in ambiti non strettamente clinici.
9 Freud S. (1899), L'interpretazione dei sogni, in Opere, III, op. cit., p. 9.
10 Vedi, Sharpe E. (1937), L'analisi dei sogni, Boringhieri ed., Torino, 1981, pp. 46 sgg.; Galimberti U. (1984), La terra senza il male, Feltrinelli, Milano, pp. 63-76.
16 Echeggiano le parole di Freud al riguardo: «Un groviglio di pensieri che non si lascia sbrogliare. Questo è allora l'ombelico del sogno» (in L'interpretazione dei sogni (1899), in Opere III, op. cit., pp. 479-80).
17 Freud S. (1899) L'interpretazione dei sogni, in Opere III, op. cit., p. 478. Ecco quindi l'elogio freudiano di Un sogno che interpreta se stesso): «Il più bell'esempio di interpretazione di un sogno è forse quello riferito da Otto Rank. (...)Impiegherei qualcosa come un intero anno accademico per guidarvi attraverso un simile lavoro» (in: Introduzione alla psicoanalis (1915-17), in Opere VIII, Boringhieri, Torino 1976, p. 355).



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